Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare – Ippocrate aveva ragione, ma non nel modo in cui pensiamo
- Diana Piga
- 24 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Quando leggiamo questa frase attribuita a Ippocrate, il rischio immediato è pensare che chi soffre sia in qualche modo colpevole della propria condizione, come se basterebbe “smettere” di fare qualcosa per tornare in salute. In realtà, le cose sono più complesse.
Ogni comportamento che mettiamo in atto ha una sua funzionalità. Anche quelli che oggi ci appaiono autodistruttivi o dolorosi, un tempo hanno avuto senso: servivano a proteggerci, a ottenere amore, a sentirci al sicuro, a dare stabilità a un mondo confuso. Non esistono azioni completamente prive di logica: ogni gesto, anche il più disfunzionale, nasce come tentativo di inseguire un bisogno sano e universale.
Il problema nasce quando il bisogno non viene riconosciuto chiaramente, oppure quando crediamo che per soddisfarlo sia necessario adottare comportamenti che alla lunga ci fanno male. È qui che il bisogno autentico si intreccia con coping disfunzionali: adattamenti nati per proteggerci, che finiscono per intrappolarci.
Bisogni autentici e coping disfunzionali
1. Bisogno di amore e appartenenza
Coping disfunzionale del compiacere: “se mi annullo e soddisfo sempre gli altri, allora sarò amato”. Risultato: relazioni squilibrate, dipendenza affettiva, perdita della propria identità.
Coping disfunzionale del sacrificio: “devo soffrire e dare tutto di me, solo così merito affetto”. Risultato: esaurimento, rancore, incapacità di ricevere.
Coping disfunzionale della sottomissione: “se non mi oppongo e lascio decidere gli altri, almeno non mi abbandonano”. Risultato: perdita di autonomia, senso di impotenza, relazioni tossiche.
2. Bisogno di sicurezza e protezione
Coping dell’evitamento: “se non mi espongo a nulla, starò al sicuro”. Risultato: rinuncia alle esperienze, ansia che aumenta invece di diminuire.
Coping del controllo eccessivo: “se controllo ogni dettaglio, niente potrà ferirmi”. Risultato: tensione costante, ossessioni, rigidità.
Coping della dipendenza da figure forti: “ho bisogno che qualcuno decida per me”. Risultato: regressione, paura costante di perdere la figura protettiva.
3. Bisogno di riconoscimento e valore personale
Coping del perfezionismo: “valgo solo se non sbaglio mai”. Risultato: ansia da prestazione, senso cronico di inadeguatezza.
Coping dell’iper-produttività: “più faccio, più valgo”. Risultato: burnout, difficoltà a fermarsi, vita percepita solo come prestazione.
Coping della ricerca ossessiva di approvazione: “devo avere sempre conferme dagli altri”. Risultato: perdita di autonomia, vulnerabilità a giudizi esterni.
4. Bisogno di autonomia e libertà
Coping dell’isolamento: “se sto da solo, nessuno può limitarmi”. Risultato: solitudine, incapacità di costruire legami duraturi.
Coping della ribellione cronica: “devo oppormi a ogni regola per essere libero”. Risultato: conflitti costanti, difficoltà ad adattarsi in contesti sociali.
Coping del ritiro passivo: “non chiedo nulla, così nessuno mi controlla”. Risultato: esclusione, invisibilità, stagnazione.
5. Bisogno di senso e coerenza interiore
Coping della rigidità morale: “se seguo sempre le regole, sarò al riparo dal caos”. Risultato: intolleranza verso se stessi e gli altri, senso di colpa per ogni deviazione.
Coping dell’idealizzazione: “se trovo qualcuno perfetto, la mia vita avrà senso”. Risultato: delusioni ricorrenti, incapacità di vedere la realtà delle persone.
Coping della fuga in mondi alternativi: “solo se mi rifugio altrove posso sopravvivere”. Risultato: disconnessione dalla realtà, difficoltà a gestire la quotidianità.
La chiave
Alla luce di tutto questo, il messaggio di Ippocrate può essere rivisitato così: “rinunciare a ciò che ci ha fatto ammalare” non significa abbandonare i nostri bisogni profondi, che restano legittimi e vitali. Significa, piuttosto, riconoscere quando quei bisogni si sono mascherati attraverso strategie che non funzionano più.
Non si tratta di rinunciare all’amore, alla sicurezza, al riconoscimento o alla libertà. Si tratta di smettere di inseguirli con strumenti che, anziché nutrirci, ci impoveriscono.







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